Noi reduci da un pellegrinaggio vissuto e ora da annunciare.

Il Pellegrinaggio atteso da mesi si è concluso felicemente…
Ma non vogliamo che sia stata solamente una “felice parentesi” poi da dimenticare.
Al contrario vogliamo che sia un punto importante, un punto fermo di ri-partenza per noi che abbiamo avuto il dono, la grazia e la fortuna di parteciparvi, e per tutta la Comunità Parrocchiale, soprattutto per coloro che avrebbero voluto essere con noi e che invece per vari motivi non hanno potuto.
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Comunicazioni del Comitato Serva di Dio Edvige Carboni

Voglio portare a conoscenza della Comunità che la Positivo super virtutibus relativa alla causa di Beatificazione della Serva di Dio Edvige Carboni, nostra concittadina, è stata stampata.
In data 22 maggio 2008 è stata quindi ufficialmente consegnata dal postulatore avv. Andrea Ambrosi al relatore, padre Josè Luis Gutierrez presso la Congregazione delle cause dei Santi.
Un atto giuridico atteso da oltre quindici anni e che dà ora inizio all’esame del lavoro di due diversi collegi giudicanti, quello dei teologi e quello dei cardinali e Vescovi. E’ un momento molto significativo ed importante. E’ difficile dire quanto tempo potrà passare prima che la Serva di Dio venga dichiarata venerabile, ma fa ben sperare anche il fatto che si è già al lavoro per la Positivo super miro, ossia il lavoro che ha per oggetto il miracolo utile per la beatificazione.
La stampa della positivo super virtutibus, edita in numero di 100 copie, che non possono essere messe in vendita, è costata ben 9500 euro.
Metà della spesa è stata saldata dalla nostra associazione con l’appoggio di alcuni devoti ed ammiratori della Serva di Dio e che ancora ringrazio. Chiunque voglia darci una mano nel nostro lavoro può farlo contattando un qualsiasi componente del comitato.
La nostra Associazione è inoltre alla ricerca di nuovi tre membri che siano, ovviamente, ammiratori della Carboni, credano nella causa, dimostrino disponibilità ed entusiasmo ed abbiano – è questo che desidero – un’età che oscilli dai 25 ai 35 anni. Abbiamo necessità di elementi giovani. Chiunque desideri farne parte dia il proprio nominativo al parroco o al presidente, ma vagliare le richieste e scegliere i nuovi componenti spetterà unicamente all’intero Comitato, secondo gli articoli del nostro Statuto che, tra l’altro, dovrà essere in parte modificato anche per dare la possibilità, in seconda istanza, di farne parte anche a chi non appartiene alla nostra comunità di Pozzomaggiore. Grazie.

Ernesto Madau

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La mensa comunitaria parrocchiale

Analisi e commenti di un parrocchiano

Mercoledì 21 maggio 2008 è stato l’ultimo giorno di apertura della Mensa Comunitaria ideata dal nostro Parroco, P. Quintino, ed egregiamente gestita da volontarie organizzate in gruppi settimanali ai quali vanno il mio più sentito ringraziamento ed i complimenti vivissimi.
Sin dalle sue origini ho sentito parlare di quella “mensa” che dal Parroco veniva definita “mensa per le persone sole o che desiderano avere la possibilità di incontrare altre persone, dialogare con loro, trascorrere un momento di condivisione conviviale e, perchè no?, di crescita”, mentre da quasi tutta la popolazione veniva, e viene, definita “mensa dei poveri”.
Spinto dalla curiosità, quest’anno mi sono deciso a parteciparvi non ritenendo affatto di dovermi vergognare a “rubare il pasto ad un bisognoso” e, giacchè sono invadente e di indole molto simile a quella di S. Tommaso, ho voluto “toccare con mano”. Dato che la decisione era presa, ho anche voluto approfittare per accompagnarci una parrocchiana che conduce un’esistenza più che decorosa grazie alla sua pensione ma che vive da sola nonostante la frequente vicinanza di parenti reali ed acquisiti.
All’ingresso nel salone della mensa, grande è stata la mia meraviglia nel ritrovarmi con persone di svariato ceto sociale (tengo a precisare che nessuno dei commensali versa in condizioni di povertà!), quindi di cultura e tenore di vita medio-alto con l’unico “trait d’union” della solitudine.
Ho potuto, durante tutto il pranzo, assistere e partecipare a diverse discussioni di carattere generale e particolare, come nel momento in cui i ricordi dell’uno si incrociavano con quelli dell’altro dando vita a scambi di curiosi aneddoti che, anche se talvolta velati di rimpianto per il tempo passato, portavano allegria e vivacità negli animi di tutti, anche di chi, come me, non aveva niente da ricordare ma poteva godere di quegli spaccati di vita che hanno fatto parte della quotidianità pozzomaggiorese e che mi è piaciuto conoscere. Bello ed intenso è stato per me vedere la luce vivissima che si è accesa negli occhi della signora da me accompagnata, quando ha ritrovato diverse amiche che da anni non incontrava più. E’ stata, mi ha riferito in seguito, per lei una botta di energia perchè, finalmente, aveva potuto scambiare idee e rivangare ricordi con persone che con lei avevano condiviso lunghi anni per svariati motivi primo fra tutti l’amicizia. Dopo quella prima, positivissima, volta mi sono impegnato a portarla ancora alla “mensa” e tutte le volte per lei era come aver partecipato “ad un pranzo di nozze!”. Che bello scoprire che, anche se per una sola volta alla settimana, quelle persone dimenticavano le loro solitudini, i loro malesseri fisici, e trascorrevano in serenità e sana convivialità momenti che avrebbero fatto loro compagnia durante il resto dei giorni sino al prossimo incontro!
Altro che pranzo per i poveri; là dentro non ce n’era uno di povero, piuttosto fuori ce ne sono tanti… e non sono poveri materialmente ma poveri di mentalità, poveri di iniziative, poveri di prospettive future. Sono quei “poveri” che portano a marcire tutte le ottime iniziative che qualcuno all’interno della nostra comunità (Parroci, amministratori, singoli), cerca di far nascere affinchè ogni fascia sociale di questo paese trovi una giusta e piacevole collocazione nello scandire del tempo quotidiano. Se la mia curiosità (ed anche la testardaggine) non mi avesse suggerito di andare a vedere di persona e “toccare con mano” come si svolgeva il pranzo “dei poveri”, oggi quella signora non avrebbe la consolazione di sapere che fine aveva fatto “tizia” o come stava “caio” e non per puro desiderio di cronaca o, peggio, di chiacchiera, ma solo perchè quei “tizi e caio” erano parte della sua vita trascorsa che, però, è stato bello ricordare soprattutto con chi l’ha condivisa. I veri poveri, sono quelli che criticano, anche solo per partito preso, sono quelli che si vergognano di andare alla mensa perchè, anche se sono veramente poveri economicamente, non vogliono che nessuno sappia senza rendersi conto che, invece, tutti sanno. I veri poveri sono quelli che, per pura invidia, spargono in giro voci del tipo: “Dalla mensa vanno via tutti ammalati per come cucinano male”. Niente di più falso! Posso assicurare che sia io che tutti gli altri commensali godiamo ottima salute non solo fisica ma anche morale e spirituale, perchè l’aver partecipato (anche insieme a mia moglie che è abbastanza esigente dal punto di vista gastronomico e della pulizia e ne è rimasta entusiasta!) a quei pochi pranzi ci ha permesso di approfondire la conoscenza di diverse persone di Pozzomaggiore delle quali sapevamo molto poco, di dare loro un po’ delle nostre esperienze, di scambiare opinioni e chiedere consigli, il tutto gustando ottimi ed abbondanti pranzi in serenità e fratellanza.
Questo messaggio non vuole essere una dura critica verso i “veri poveri” di cui parlavo prima, ma, al contrario, vuole essere uno sprone per tutte quelle persone che sono tanto restie a condividere momenti di comunità e continuano a macerarsi nelle loro disperate solitudini soltanto per non far vedere agli altri quanto, degli altri, hanno bisogno. E’, questa, una forma di orgoglio malato, inutile e dannosissimo. Siano, queste persone, novelli “S: Tommaso”; vadano almeno una volta alla mensa parrocchiale che è per tutti!, sperimentino la bellezza di parlare con qualcuno e di sentirsi rispondere con rispetto ed attenzione e, senz’altro, ci ritorneranno sentendosi accolti, serviti e riveriti (nel senso più letterale) e potranno portare, anch’essi, nelle loro solitudini quotidiane il calore di quei momenti e l’attesa gioiosa del prossimo appuntamento alla “mensa della fratellanza”.

Franco Filippi

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Riflessioni sul cammino dei findanzati

Inutile negare che noi fidanzati ci avviciniamo al corso matrimoniale, che ormai in tutte le parrocchie si svolge, con la convinzione che “dobbiamo farlo se vogliamo sposarci in Chiesa“, ed è proprio questo lo spirito con il quale anche noi ci siamo approcciati al corso prematrimoniale.
Ci siamo sempre ritenuti cristiani! D’altronde abbiamo ricevuto i sacramenti: battesimo, comunione e cresima… Però, frequentando gli incontri la concretezza della nostra fede è stata messa in discussione; e più si approfondivano determinati argomenti, quali la fede, Cristo, la Chiesa e soprattutto il valore del Sacramento “matrimonio” più ci sentivamo dei “mezzi cristiani”, con l’impressione che la nostra conoscenza del cristianesimo e soprattutto del vivere da cristiani fosse superficiale e approssimativa. Così, con il trascorrere degli incontri, il senso del “dobbiamo farlo” si è trasformato in curiosità, interesse e desiderio di approfondire gli argomenti di fede; abbiamo scoperto i nostri limiti ma soprattutto la voglia di rinnovarci come individui cristiani.
Tutti i cristiani che si sposano consapevolmente, lo fanno perché si amano; ma si amano tanto gli atei quanto i cristiani. A questo proposito la prima domanda che ci pose P. Quintino fu: “Cosa significa sposarsi da cristiani?“. Questa è stata una delle domande che più frequentemente ci siamo posti e alla quale, guidati da P. Quintino, dall’Avv. Giovannina Fresi e dalle coppie di sposi presenti nel gruppo abbiamo trovato una risposta; una risposta importante che ci ha permesso di maturare non solo come coppia, ma soprattutto come futura famiglia cristiana. Abbiamo compreso cosa significhi sposarsi “nella Chiesa” e non semplicemente “in Chiesa”; e il giorno della presentazione a tutta la Comunità Parrocchiale ci siamo sentiti più che mai veramente Chiesa; un momento tanto emozionante che ci ha fatto gustare la bellezza e la gioia non solo di appartenere alla Chiesa ma di “essere Chiesa”. Sposarsi da cristiani fa parte di un progetto voluto da Dio e dal suo amore nei nostri confronti, un amore più grande di noi e anche del nostro stesso amore.
Questo percorso di dieci incontri ci è servito a capire più a fondo il significato del matrimonio secondo la fede cristiana e, con questa ricchezza acquisita, siamo pronti a dire “si” davanti a Dio.

Melania Piu

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