La sera del 14 settembre u.s. zio Peppino Deriu, classe 1925, decano della confraternita, dopo la Santa Messa dell’Esaltazione della Croce, durante il trattenimento di rito, tra uno spizzicare e l’altro, ci raccontava dei suoi ricordi da ragazzino a proposito di quei servizi funebri che una volta venivano demandati ad alcuni confratelli, quasi sicuramente della Santa Croce, “in tandem” col sacerdote o più sacerdoti (il loro numero dipendeva dalle possibilità economiche del defunto). Durante l’accompagnamento del feretro (“cun sas istangas” e “sas fascias nieddas”) fino al cimitero, erano previste due o tre pause (per riposo con l’uso di un tavolino). La remunerazione corrisposta a ciascuno dei confratelli era in genere di “duos soddos e una ‘esina”, vale a dire “mesa pezza” (il quarto di un franco). I portatori, solitamente quattro, adempiuto il dovere delle meste onoranze, rientravano in parrocchia per deporre, oltre gli attrezzi, le tuniche e i cordoni di color bianco: uniformi pronte all’uso per la prossima occasione. E’ chiaro che l’attività della confraternita non si limitava solo a questo. Stante un numero ben più alto di componenti, oltre agli appuntamenti domenicali, erano previste le periodiche riunioni organizzative e di preghiera, la partecipazione alle feste comandate, alle varie solennità liturgiche dell’anno e alle processioni delle festività paesane. L’impegno era più assiduo nei riti quaresimali e nella settimana santa durante la quale i confratelli indossavano pure “su cuguddu”, il cappuccio bianco coi due fori all’altezza degli occhi. Siamo intorno agli anni quaranta-cinquanta, anni delle ultimissime comparse che ebbero a fare nelle processioni il nostro sodalizio insieme alle altre confraternite esistenti con la loro conseguente definitiva silenziosa uscita di scena. Con grande nostalgia si avvertirà l’assenza degli “incappucciati bianchi” di Santa Croce dagli apparati organizzativi di quelle settimane sante tanto care ai pozzomaggioresi, vissute sempre con tanta partecipazione e suggestione. Fino a quegli anni, ad onor del vero, sussisteva una più profonda e sincera religiosità, mitica e mistica sfaccettatura del paese che gli anziani riescono ancora a percepire, un po’ meno i nati negli anni 50-60, quasi niente le ultimissime generazioni. “Appoi de su 50”, sostiene il nostro decano, “sa politica hada arruinau tottu”. Non avrebbe tutti i torti se si riferisce al lato negativo della politica e alle sue sopravvenute sofisticate componenti, disomogenee con la fede, che concorsero a spegnere quasi del tutto l’entusiasmo di non pochi credenti. Quella che i pozzomaggioresi, in altri tempi, praticavano era una fede profonda, condensata di vero e autentico trasporto alla chiesa e alla dimensione del sacro, integrata da un solido substrato di amore filiale alla Passione e alla Croce del Signore e da un morboso attaccamento, perpetuato nei secoli e giunto fino a noi, al grande crocifisso di Santa Croce, il nostro “Babbu Mannu”. Diversamente, come avrebbe permesso Dio la nascita di una gemma tanto preziosa come Edvige Carboni, proprio in questo luogo? Avrebbe forse premiato un popolo praticante solo a parole? Senza una fede cosi intensa, irrobustita da questo vero “feeling” con la Croce? Non trovate? L’antica “Cunfraria des-sa Sanctissima Rugue”, sorta in paese ai primi del 1600, metteva in pratica, quasi sicuramente, “sa regula”, ovvero i rituali e gli uffici comunemente usati da molte confraternite del Logudoro, pur noi appartenendo alla diocesi di Bosa sino al 1803. Molte “cunfrarias” disponevano di proprie regole scritte interne( “Costitussiones” e “Cappitulos”) sul modello di antichi canoni tramandati, quasi in similitudine agli odierni statuti. Oltre alle procedure scritte per i riti della settimana santa non dovevano mancare “l’ Officium Defunctorum” e “l’Officium Disciplinae”. Le più prestigiose disponevano anche di Indulgenziarii e Innarii. Esempio: nell’antico codice di Santa Croce di Torralba e persino indicato il modo di impostare la voce durante 1’esecuzione “de sas coplas” (le strofe) che si dovevano cantare il venerdì santo “pustis de su interru… pro sa soledade (la desolazione) de Maria…”, e cioè: “cun boghe lastimosa” (in tono sommesso e piangente). Particolare che si rivela importantissimo per approfondimenti sulle tradizioni canore, tuttora in atto, a cura dei cantori locali “de su cuncordu”, in perfetta sintonia con gli obiettivi della confraternita. Di simili documenti, di codici e di manuali scritti sulle procedure da seguire in settimana santa, a Pozzomaggiore (ai noi!), non è rimasto niente. Dopo il decennio appena trascorso dalla rifondazione della Confraternita (anno giubilare 2ooo), avevamo in cantiere di raccontare, in qualche modo, con un tocco di rinomanza, il sunto del nostro cammino in questo lasso di tempo. Morale della favola: ci siamo fatti prendere dall’irrefrenabile desiderio di scandagliare il nostro passato più remoto, rendendoci conto che una seria indagine sulla nostra tradizione religiosa e le nostre radici, non guasterebbe affatto e sarebbe indispensabile, giusto per capire su quali basi poggiano i nostri piedi. Continuare a lasciare nel dimenticatoio circa quattro secoli di storia della Confraternita, avrebbe lasciato in noi il sapore amaro di una triste sconfitta. Il materiale documentario, come già detto, è scarsissimo, ci vorrà del tempo a recuperarne quanto più possibile. Quando riterremo esaurita la ricerca, ci auguriamo sin d’ora di stilare, su passato e presente, una relazione coi fiocchi. Ora veniamo al sodo: elezioni cariche. Come da accordi di protocollo, è opportuno che la carica di Priore duri due anni: quindi il Priore attuale Salvatore Ezzis, viene prorogato per un altro anno. Vice Priore eletto: Gianni Pala. Cassiere: confermato Filippi Pietro Paolo. Segretario: confermato Gigi Usai. E, dulcis in fundo: chi 1’avrebbe mai detto! L’aspirante neo confratello Cocco Costantino (alias “Tinuceddu”), quasi nostro figlio adottivo, ha intrapreso 1’anno di noviziato. Una preghiera per lui. Come sempre confidiamo nel sostegno di questa comunità. Fraternamente.
I Confratelli della Santa Croce