Il significato etimologico della parola oratorio richiama subito l’immagine storica di una piccola chiesa, di una cappella o comunque di un piccolo ambiente consacrato, adibito alla pratica religiosa e agli uffici di pietà come accadeva e accade tutt’oggi, per le sedi confraternali. In tempi più recenti l’idea di oratorio rappresenta spazi ricreativi come sale-giochi, ambienti per la catechesi, per la musica e il canto o per riunioni di vario genere come pure sale per proiezioni. Annessi a tali strutture si trovano solitamente spazi aperti di verde adibiti alla pratica sportiva. La finalità principale dell’oratorio è che i ragazzi e i giovani si riuniscono o vengono riuniti da ministri del culto e animatori per la crescita nello spirito e nella creatività e ogni attività dovrebbe essere svolta in modo esclusivamente comunitario. Secondo le impellenti esigenze di oggi gli oratori dovrebbero essere pure e soprattutto i luoghi ideali per l’incontro e il dialogo vicendevole al fine di cercare soluzioni per i problemi che affliggono la società, quasi come veri e propri centri organizzativi di volontariato. Non a caso il parroco Padre Quintino la sera del 29 maggio durante l’inaugurazione dell’Oratorio Parrocchiale che dista dalla parrocchia un centinaio di metri (e che comincia a camminare all’interno del Centro di Aggregazione Sociale, organismo riveniente dal precedente connubio IPAB – Parrocchia) in tono entusiastico richiamava che “in quanto palestra di vita… l’oratorio accoglie in se tutte le età: ragazzi, giovani, maturi e anziani. E’ aperto a tutti come ‘vivaio’ di uomini sani, onesti, intelligenti e attivi”. I buoni propositi di innovazione e adeguatezza innanzi alla modernità non dovranno sminuire il richiamo carismatico che l’oratorio per sua natura ha sempre prodotto. La società odierna, sappiamo bene è in continua e rapidissima trasformazione, la comunicazione è completamente diversa rispetto ad alcuni anni fa. Specie i ragazzi del “post-cresima”, infatuati se non addirittura inghiottiti da un’errata concezione della maturità (ai noi!), subito dopo aver ricevuto il sacramento della confermazione abbandonano, senza esitare minimamente, la frequenza alla chiesa e la pratica della fede reputandole ormai cose superate, e non è cosa facile sensibilizzarli sull’esatto contrario. Social-network, internet e tv la fanno da padroni e l’accoglienza “occhi negli occhi”, l’approccio umano tra persone “de visu et de auditu”, l’incontro a cuore aperto, quali giuste e sane premesse che conducono a concretizzare il rapporto di comunione trovando nell’oratorio il posto ideale, rischiano di sembrare completamente inutili: oggi infatti ci si può “incontrare” sempre e ovunque grazie a un p.c. o ad un cellulare nei luoghi e nei modi meno opportuni. Siamo chiamati a non sottrarci a quella sana responsabilità che ci invita a scoprire che fare oratorio significa restaurare e rimettere in piedi il vincolo della carità che, ripeto, si chiama comunione, la quale non può far altro che farci star bene e per mezzo della quale siamo uniti saldamente a Cristo. La sera del 29 Maggio con voce pacata e paterna il nostro Pastore Monsignor Mauro Maria Morfino, autentico figlio di Don Bosco, nel suo intervento durante l’inaugurazione della struttura, volgendo un sermone di incoraggiamento a noi tutti, specie ai collaboratori nella pastorale, riferiva di due moniti che furono propri del grande maestro: “…studiate di farvi amare… perché l’educazione è cosa del cuore…”. E ancora: “L’oratorio sei tu” cioè tu come persona, come testimone, come pietra viva a prescindere che esista o no la struttura fisica. Replica che fu rivolta a Don Michele Rua, suo primo e degno successore, poi beatificato, mentre trovandosi ad intraprendere la creazione di un nuovo oratorio si lasciò tradire dallo scoramento per la totale assenza di un impianto preesistente. In una delle note finali all’ultima pagina del suo importantissimo saggio di pedagogia intitolato “Il metodo educativo”, Don Bosco ci dice:”…l’educatore deve liberarsi dalla gelosia, dall’invidia, dalla superbia, dalla smania di comparire e di primeggiare… per lo scopo supremo che è la Gloria di Dio e la salvezza delle anime”. Nella “die forte” dell’inaugurazione, come l’ha definita il Sig. Sindaco Pischedda, ogni pozzomaggiorese ha rivissuto nel suo cuore i ricordi della propria infanzia in affettuosa simbiosi con gli stabili dell’ex Asilo Infantile. La cultura del “Deo gratias” e del “caritas Christi urget nos” è giunta fino ai nostri giorni grazie all’impronta che le pie suorine del Cottolengo, presenti in questo paese dal 1918 agli anni ‘70, hanno lasciato impregnata fra le mura di quello che ora è il nuovo oratorio. Vadano tenute in debita considerazione pure le insegnanti statali della Scuola Materna (di Pozzomaggiore, Bonorva, Burgos, Cossoine, Padria, Thiesi e Villanova) che con zelante impegno hanno educato nella crescita i bimbi del nostro paese in età prescolare intorno al ventennio 1971-91 nell’ex-Asilo. Un grande “deo gratias” a tutti coloro (progettisti, tecnici, operai, impiegati, collaboratori interni ed esterni del comune) che hanno contribuito attivamente alla realizzazione di questo bel sogno. Un altro grazie ai F.lli Masia che hanno fatto dono della statua di San Giovanni Bosco. Un ultimo, non per minore importanza, grande e forte “Deo gratias” a Padre Quintino e all’ “Associazione Centro di Aggregazione Sociale” ex IPAB (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza) rappresentata dal suo Presidente Tonino Cuccuru, insieme ai membri del Comitato Direttivo. Senza il felice connubio IPAB – Parrocchia del 2010 non sarebbe sorto il Centro di Aggregazione Sociale dall’esistenza del quale è scaturita l’idea dell’Oratorio Parrocchiale. Una realtà (l’Oratorio Parrocchiale) è inscindibile dall’altra (il Centro di Aggregazione). Entrambe devono tenersi strette per mano e lavorare insieme per il bene comune. Tutto sommato le cose sono andate per il verso giusto, diversamente la sera del 29 maggio non avremmo gioito ed esultato nel Signore.
Gigi Usai