Pozzomaggiore canta Sos Tres Res

A Pozzomaggiore, all’imbrunire della vigilia dell’Epifania, Sos Tres Res, “I Tre Re”, gruppi di giovani e meno giovani, passano per le case questuando e cantando parole augurali sulla melodia dei gosos, le lodi dei Magi giunti ad adorare il Bambino.
In cambio, ricevono sas berdas, i ciccioli nella forma di cogones, caratteristiche focacce dolci.
Particolare anche la preparazione: la pasta, edulcorata prima con uvetta, viene, poi, distesa su foglie di cavolo, di calla o di tataruju, di gigaro (Arum italicum), prima di essere infornata.
L’impiego di quest’ultima pianta, già citata da Aristotele in relazione al ritorno della primavera, colloca sas cogones de berdas, il pane pozzomaggiorese di ciccioli, nell’universo folclorico europeo, caratterizzato, nei riti di inizio anno, dallo scambio materiale-immateriale di dono-controdono: antiche cerimonie di rinascita e propiziazione, di salute e abbondanza, a largos annos.

Battista Saiu

Presepi sardi, abiti isolani e «Sos Tres Res», canto dei Re Magi

Dal 2009, per Natale, nella chiesa parrocchiale di San Giorgio martire, a Pozzomaggiore, si realizza un presepe di ambiente sardo con personaggi che vestono gli abiti della tradizione isolana.
L’idea è del parroco, padre Quintino Manca, che, chiamando a raccolta diverse volontarie, ha chiesto di recuperare l’esperienza delle Pigotte realizzate per l’UNICEF, e si creassero personaggi in stoffa da inserire in un presepio che rappresentasse luoghi e situazioni del recente passato del paese.
L’allestimento, affidato a Pittoia (Maria Antonia) Cuccuru, Uccia Oppes e Maria Serra, ha visto l’entusiastica collaborazione di altre volontarie: Sabina Calaresu, Giuseppina Diana, Angela Manunta, Leonarda Mariani, Rita Meloni, Lucia Piras, Maria Bonaria Pitotto, Angela e Anna Serra.
Il progetto si è sviluppato dal nucleo centrale della natività collocata nell’abside della chiesa di Santa Croce, la più antica del paese. Poi, via via che nascevano personaggi e si creavano ambienti, l’idea ha preso forma e sono nate, spontaneamente, le scene della lavorazione del grano, l’abburattamento manuale della farina e la panificazione; il pascolo e la lavorazione del formaggio, la tessitura e il ricamo, l’incontro alla fonte e il lavaggio dei panni e molti altri lavori, agricoli e domestici.
Da ritagli di stoffa e da altri materiali inutilizzati sono stati confezionati gli abiti per vestire e caratterizzare i personaggi e gli ambienti in cui venivano inseriti.
Con pasta di mais, legno e pittura si è dato forma a pietre, mattoni, lampioni, pane, dolci, formaggio, curando persino le diverse fogge delle scarpe dei personaggi.
Negli anni successivi, gli ambienti e le figure sono stati, di volta in volta, modificati.
Nell’edizione 2012, i personaggi si sono trasferiti dall’abitato del paese, alla campagna; dalla piena luce del giorno, al contesto notturno.

Davide Meloni

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