Il Consiglio comunale si è riunito in seduta solenne il 17 marzo per celebrare i 150 anni della dichiarazione dell’unità d’Italia. Il sindaco vestiva la fascia mentre tutti i consiglieri portavano una coccarda tricolore appuntata al petto.
In apertura di seduta il sindaco ha cosi esordito: “tra le tante cose giuste e meno giuste fatte dal governo in carica l’avere dichiarato festiva la giornata odierna merita il nostro apprezzamento. Sarà quello odierno un momento di riflessione, di costruttivo dialogo anche nelle famiglie per ricordare i fatti storici che hanno portato re Vittorio Emanuele II a sottoscrivere l’unita d’Italia. Mi piace pensare alla famiglia riunita insieme a tavola che ascolta le note dell’inno nazionale, l’inno di Mameli, che con le sue magiche parole evoca sentimenti profondissimi di amore patrio. Poiché noi qui riuniti siamo una grande famiglia, tutti impegnati a crescere e pensare ai bisogni del nostro paese, per inchinarci ai padri della patria, vivere il ricordo di 150 di storia italiana, e proiettare il nostro sguardo al futuro, dove i nostri figli saranno protagonisti di un’Italia che si apre all’Europa, e che cammina verso il progresso, alziamoci dunque in piedi e con la mano sul cuore ascoltiamo con riverenza il nostro inno”.
Continuando nel suo intervento il sindaco ha esortato perché la carta costituzionale sia vangelo da leggere, osservare e rispettare; ha sollecitato tutti a ricercare, nonostante le difficoltà, il lavoro, creando impresa, mettendo sul campo tutti gli sforzi e gli stratagemmi per trovarlo forti dell’eredita ricevuta dai padri costituenti.
“Il lavoro – ha affermato il sindaco – deve essere una realtà ripagante, sicuro veicolo di crescita, stimolo e miglioramento della qualità di vita. Siamo o no un popolo, forte, deciso? Dimostriamolo, riuniamoci a coorte, in sinergia di azione e di intenti; la Repubblica – ha continuato – è una e indivisibile, con Roma capitale, non vogliamo altre capitali con leghe più o meno leggere che cercano di sostituire quelle già collaudate, con ampolle riempite in fiumi elevati a simboli improbabili di unione fra regioni residuali alla centralità dello stato”.
Il sindaco ha dichiarato ancora che la costituzione ci consente di professare qualsiasi fede religiosa, di manifestare il nostro pensiero a Pozzomaggiore, a Cagliari e a Civitavecchia, anche se provvedimenti poco pensati delle forze di polizia hanno strattonano i nostri pastori mentre insieme, e con determinazione, chiedevano il riconoscimento di un sacrosanto diritto, quello al lavoro.
Lo Stato, da padre, non può non capire il figlio che reclama il pane.
Il primo cittadino ha auspicato una scuola all’avanguardia, fucina per le nuove generazioni, a prescindere dai turbamenti gelminiani, e una partecipazione attiva alla vita politica, con scuole di pensiero e di formazione e con partiti composti da politici onesti e attenti ai problemi dei cittadini.
Spera, in chiusura di intervento, che nella solenne cerimonia che verrà celebrata il 14 aprile gli studenti incrocino nei loro percorsi didattici i temi del risorgimento, esortandoli a riservarsi il diritto di critica, ma di aderire anche con entusiasmo per comprendere la storia del risorgimento attualizzandola.
L’Italia unita lo è dal 17 marzo 1861. A noi tutti il compito di essere italiani uniti in patria e nel mondo.
Nel suo intervento il consigliere Pietro Biosa ha proposto interessanti riflessioni sui 150 anni trascorsi dall’unita d’Italia; ha ricordato i terribili avvenimenti del Giappone e della Libia, auspicando un’amministrazione unita negli ideali patrii, in sinergia per il bene del paese.
Come sarà l’Italia nel 2061? E ancora poi? Spetta a noi gettare sicure fondamenta, cementate dall’essere italiani, ma italiani veri.
Viva Pozzomaggiore, viva l’Italia.
(a cura dell’Amministrazione comunale)