Ja est bennida s’ora chi cantat sa die
Su pessamentu mi piccat e isporat su coro
Ma si podìa bolare no fit bastada sa forza ‘e su bentu
Che un’astore chi bolat in artu
Ch’aio sichiu in chelu s’anzelu meu
(Tonino Puddu)
Sono i commoventi versi scritti dall’indimenticabile Tonino Puddu, della canzone “Su bolu ‘e s’astore” cantata dal Coro di Pozzomaggiore mentre il feretro di Carletto lasciava la Chiesa di San Giorgio fra due ali di folla toccata dalla immane tragedia che ha colpito tutto il paese.
Visi rigati dal pianto delle centinaia di persone che hanno voluto essere presenti per stringersi a Maria Domenica, Lisa, Daniele e alla mamma Lina per tributargli l’estremo saluto.
Parole, quelle del Maestro Puddu, piene di speranza che fanno traslare il nostro pensiero nella considerazione dell’infinito amore che Carlo ha manifestato a tutto tondo ai suoi cari, agli amici, a tutto quello che gli stava intorno.
Lo immaginiamo librarsi leggero e libero verso il cielo per essere per sempre accolto nel luogo dove l’amore è senza limiti, dove è stato chiamato perché, anche se a noi comuni mortali sembra incomprensibile, era sicuramente maturo per andarci perché persona straordinaria, speciale, che ha accumulato, pur nella brevità del suo passaggio terreno, tanti punti positivi che non gli consentivano più di stare nella terra abitata da gente normale.
Il suo funerale è stato un trionfo, gli amici, i tanti amici venuti da tutta la Sardegna, i colleghi carissimi, tanta gente, tutti chiusi in silenzioso dolore, mai avrebbero, avremmo, voluto vederti passare oltre la porta del cimitero, dove mestamente ti abbiamo accompagnato.
La Chiesa di San Giorgio era troppo piccola, lo era anche la piazza antistante per accogliere chi ti ha voluto tributare l’ultimo saluto.
Le parole di fede e di conforto di padre Quintino, insolitamente emozionato nel ricordarti e nell’additarti come esempio di vita vissuta per noi tutti e per le popolazioni in rincorsa, le commoventi parole del comandante Valerio Fancellu che ha saputo in poche, toccanti e sincere parole dire di te uomo e carabiniere degno di tale nome, la preghiera alla “Virgo Fidelis” patrona dell’Arma dei Carabinieri, quelli “fedeli nei secoli” come lo sei stato tu.
Il giovedì prima della sua morte, l’ho sentito per telefono. Dall’altra parte del filo il Carletto gioviale di sempre, positivo, cosciente del dichiarato probabile esito infausto della sua malattia, ma pieno di speranza, un Carlo che rincuorava me, reduce da un breve ricovero in ospedale per un piccolo intervento.
Immagino Carlo finalmente insieme a suo padre Carmine “il Signor Caricasulo”, signore in tutti i sensi, che vive nel cielo delle persone giuste, oneste, gioviali, con attaccato sulle spalle un 10 e Lode pieno pieno meritato per la sua levatura morale.
Carlo nei suoi 48 anni ci ha dimostrato di essere stato un cittadino onesto, pulito, un contenitore senza fondo di amore, di entusiasmo, di solidarietà, di sofferenze offerte nel silenzio, un trainer, un tenace amministratore comunale, convinto assertore dei sacrosanti diritti degli altri, un porto sicuro per gli amici, sicuramente un marito e un padre attento e sollecito, un valoroso figlio dell’Arma dei Carabinieri che può vantarsi di averlo potuto annoverare fra le sue fila.
Il Brigadiere Caricasulo analizzando le vicende che lo hanno interessato e con il senno del dopo, è stato vittima del suo stesso entusiasmo, del solenne giuramento all’ubbidienza “Usi ubbidir tacendo e tacendo morir” come recita il motto dei Carabinieri, del suo desiderio di regalare momenti di conforto, di solidarietà e di pace a quelle popolazioni balcaniche dove lui ha prestato servizio da volontario, genti che non sanno cosa vuol dire un giorno di pace.
Il Carabiniere Caricasulo si è trovato, suo malgrado, nell’imbuto della superficialità dei sistemi, è stato immolato, agnello sacrificale, sommerso dalle ceneri che coprono le vergogne di uno Stato patrigno che, nonostante tutto, le chiare evidenze dei fatti, non vuole assumersi le conseguenti responsabilità, rifiuta categoricamente la presa di coscienza delle evidenti verità che, nel caso di Carlo e di tanti altri, vengono purtroppo riconosciute solo postume.
Carlo tu, nella tua immensa bontà perché eri un Gentiluomo, un Buono, una persona speciale ed umile, non hai inteso disturbare nessuno, non hai bussato per farti aprire le porte della verità, ma, interpretando il volere di tutti, e come ho annunciato solennemente, nell’ultima tornata di lavori del Consiglio comunale, lavoreremo incessantemente per aprire quelle porte sbarrate alle verità inquietanti, celate sotto quelle ceneri che dovranno essere spazzate via per far uscire fuori la Giustizia che faccia luce sul motivo della tua morte, sulle cause del tumore che ti ha lasciato in eredità quell’uranio impoverito che continua a mietere vittime.
Perché non succeda mai più ti promettiamo che manterremo la promessa fatta.
Grazie Carlo indimenticabile, dolcissimo amico!
Tonino Pischedda