“Comunità” vive e ricorda
Un numero speciale di “Comunità” per ricordare, riflettere sui fatti accaduti a Pozzomaggiore il 23-25 luglio u.s., e perché rimanga a ricordo negli archivi della Parrocchia.
Fatti che hanno scosso, turbato e segnato profondamente tutta la comunità di Pozzomaggiore.
Abbiamo vissuto con trepidazione e ancora portiamo davanti ai nostri occhi il fuoco sterminatore che ha trasformato le nostre terre, le ha rese un “paesaggio lunare”, oserei dire un cimitero: terre senza vita che ti lasciano dentro tanta tristezza e tanta “rabbia” a pensare che la causa di tutto è l’uomo: l’uomo con la sua cattiveria, la sua irrazionalità, la sua avidità di guadagno facile e ingiusto spesso a discapito degli altri e di una comunità intera.
L’uomo che nelle mani ha un potere enorme: quello di decidere se fare il bene o il male, seminare la vita o la morte; quello di spargere attorno a se terrore, inquietudine, sfiducia, preoccupazione o magari anche disperazione.
Veramente faccio fatica a pensare come certe persone possano pensare e compiere certe azioni.
Pozzomaggiore, in tutta questa tragedia che ha investito un po’ tutta la Sardegna, ha avuto la sorte peggiore sacrificando sul campo infuocato anche il nostro carissimo compaesano Mario: il quale poco prima era certamente ignaro della sorte tremenda che gli sarebbe piombata addosso proprio lì nella sua campagna dove tutti i giorni andava per attendere, custodire il proprio gregge, come fa ogni buon pastore.
Pozzomaggiore e tutta la Comunità è in lutto perché vede scrivere una delle pagine più tristi e sconfortanti della sua storia.
Voglio far giungere a tutta la Comunità, a tutte le famiglie che hanno perso quanto con anni di sacrificio, rinunce, laboriosità, erano stati capaci di costruirsi, e che in un attimo hanno perso tutto, si sono trovati in ginocchio solo per la volontà di alcuni criminali che di umanità non hanno proprio niente e che ci rifiutiamo di considerarli componenti della famiglia umana.
Non sono “uomini”: perché l’uomo è “immagine di Dio”: capace di amare, di ragionare, di essere solidale; e non un “bruto” che semina terrore e gode del male che fa agli altri.
Coraggio, pozzomaggioresi: abbiate la forza e la fiducia in voi stessi, nelle vostre capacità di reagire alle disavventure. Abbiate la forza di rincominciare daccapo.
Il Signore non vi abbandonerà. Sentiamoci più che mai uniti e solidali.
P. Quintino
23 luglio 2009
Pedras, solu pedras e carenas in custa terra mia b’a restadu, sa morte, cun sas bertulas pienas su brione de sa vida c’a leadu e riede puru sa malefadada barbara manu ‘a postu su fogu a sas forestas a sas birdes erdas.
Descritto dal poeta Antonio Maria Pinna in una poesia cantata dal Coro di Pozzomaggiore è questo lo scenario che tristemente ci è apparso la sera al calare delle ombre del 23 luglio 2009.
Mai, ma proprio mai, avrei pensato di vedere in terribili immagini quelle che già terribili sono le rime del poeta, uno scenario lunare, cadaveri di uomini, carcasse di bestiame, scheletri di alberi senza più linfa vitale, sole oscurato, caldo ossessionante, occhi rossi dal pianto e dal fumo.
Non ci resta altro che piangere, ma forse è meglio che oggi pensiamo che non ci restava altro da fare che piangere; non abbiamo più tempo da perdere per piangere sul latte versato, oggi è già domani, se vogliamo che non sia sempre ieri dobbiamo orgogliosamente piegarci le maniche, guardare avanti, lasciare dietro le spalle incendi e distruzioni, calamità e quant’altro per tornare ad essere quel paese operoso pieno di vita, centro strategico del Mejlogu e non solo, epicentro culturale, commerciale di riferimento e altro ancora.
Un centro dove vive la solidarietà, dove si lavora in sinergia, insieme all’Amministrazione comunale, alla Chiesa, con la scuola, le associazioni ed istituzioni, per creare ancora una volta quelle crollate basi solide da cementare nuovamente, per noi e per il futuro dei nostri figli.
Il momento della solidarietà non si deve fermare all’emozione del 23 e 24 luglio e a quello dei giorni successivi, devono essere dal 23 luglio in poi momenti condivisi a tutto tondo, da soli non andiamo avanti.
Ripartiamo prendendo lo spunto da questa triste vicenda col seminare il nostro futuro, diamo acqua e concime e smuoviamo le zolle, il raccolto arriverà sicuramente e compenserà il nostro sacrificio.
Scusatemi se mi permetto di sollecitarvi ma la mia funzione di Sindaco di questa Comunità che mi avete voluto consegnare mi impone di farlo, insieme agli Amministratori comunali e a tutti voi, per guardare lontano lavorando sodo, per completare quanto da fare, per rifare quanto fatto, per innovare.
Si, ci sono stati vicini e gli ringraziamo i massimi rappresentanti della Regione, il Presidente Cappellacci in testa, ricevuto in municipio all’indomani della tragedia, accompagnato dagli assessori Prato ed Oppi, dai Direttori Generali di Argea e Laore, dal Comandante Generale del Corpo Forestale Delfo Poddighe, da quello provinciale dei Carabinieri Col. Paolo Carra, dal Prefetto Ispettore Mancaleoni, dal Questore Palermi, dai Sindaci Amministratori del territori e da tanti preoccupati cittadini.
Al Presidente Cappellacci ho esposto brevemente la situazione economica e sociale del nostro paese, per la tragedia successa ad un’economia già in ginocchio per gli incendi che hanno inferto un colpo mortale al nostro paese, chiederemo interventi immediati per ricreare le aziende colpite, poi è stato il momento del ricordo per l’amico Mario Piu, innocente vittima immolata di tanta ferocia e il riferimento al preoccupante decremento demografico, segno evidente di un diffuso disagio sociale.
Se vi interessa Pozzomaggiore conta oggi 2.757 abitanti.
Il Presidente, ai giornalisti che affollavano la sala consiliare, ha parlato di uno scenario spettrale, che mostra una tragedia immane, una impressione bruttissima, una grandissima rabbia. Bisogna spezzare questo meccanismo, è folle che si arrivi a distruggere il territorio, procurare la morte delle persone; l’impegno assunto dal Presidente, oltre a quello di starci vicino e non solo oggi, è quello di adoperarsi a combattere questa piaga che disonora la nostra terra. Parole forti, riprese nel succedersi degli interventi degli assessori Prato ed Oppi, dal Questore, da Padre Quintino, dai Sindaci e da altri ancora.
Il gruppo tecnico, immediatamente costituito, composti dagli Amministratori, dai tecnici della Regione e Presieduto dall’Assessore Prato ha proseguito i lavori a Bonorva per studiare le modalità di intervento, per ristorare almeno in parte ma subito i danni subiti dalla categoria dei lavoratori, studiando le possibilità per erogare successivamente aiuti alle altre categorie colpite, agricoltori, viticoltori, olivicoltori, ecc., senza trascurare i danni alle infrastrutture. Aiuti che sicuramente verranno e saranno più velocemente riconosciuti a seguito della dichiarazione dello stato di calamità naturale deliberato dalla Giunta e immediatamente inoltrato alla Regione, che a sua volta la chiederà al Governo centrale.
Vi assicuro che non sarà tralasciata nessuna possibilità per lenire il disagio conseguenza del fuoco, già da subito i nostri uffici e noi stessi amministratori siamo e saremo a completa disposizione.
Oltre alla velocizzazione delle procedure, stiamo consegnando i buoni di acquisto per i mangimi e operativi per la altre procedure.
Per tornare alla cronaca del famoso 23 luglio, sia per esserci stati come me o per averlo sentito dire, ricordiamo un’apocalisse, fumo, occhi rossi, rabbia, preoccupazione, “non si trova più Francesco, e Giovanni perché non torna, e Antonio”, “salviamo le macchine, il trattore, il bestiame, no, non si passa, dove vai, non andare, è pericoloso, io passo, devo andare, li in mezzo al fuoco c’è tutta la mia vita di lavoro e il futuro dei miei figli, devo andare, devo rischiare… pronto, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Prefettura di Sassari, sono il Sindaco di Pozzomaggiore, tutto il mio territorio sta bruciando, ci sono animali morti, inviate mezzi aerei, siamo in pericolo, le aziende bruciano, c’è pericolo per le persone, non lasciateci soli, risposta: non possiamo intervenire, lo faremo appena possibile, vedetevela da soli”. Risultato, un territorio che fu, un amico che non è più, un’economia che fu, una tragedia che è… ma un territorio che sarà, un’economia che rifiorirà, un amico nel ricordo del quale lotteremo anche contro quelle mafie occulte sommessamente denunciate e che niente hanno a che vedere con le realtà imprenditoriali locali, che non hanno potere decisionali ma che rispondono semplicemente a ferme leggi di politica economica dettate dalle multinazionali.
Credo di aver chiarito il concetto e dato una interpretazione autentica alle mie estemporanee e purtroppo mal interpretate dichiarazioni, lotteremo contro i nostri simili che distruggono ciò che anche loro hanno contribuito a fare, contro quelli che aspettano il vento per calare le esche in questa orrenda pesca terrestre, come dice lo scrittore Marcello Fois, quelli che non diranno mai, di quelli dei quali parliamo poco perché sono l’anima di noi stessi, loro ci ricordano che ci si innamora della propria dipendenza, del proprio status di assistiti, diventa meglio che prendere in mano il proprio destino, ci sono cose che sembrano valere più del senso di identità, della coltura e della cultura, e a chi ha messo fuoco gli manifesto tutta la mia non stima, gli auguro di non morire fra le fiamme ma di essere salvato con un certo ritardo.
Coraggio Pozzomaggiore, vai avanti, forza paris.
Tonino Pischedda
L’ultimo saluto a Mario
Folla, tanta folla; gente, tanta gente; persone di ogni estrazione sociale; visi noti, visi sconosciuti; pastori, allevatori, tanti, accorsi a dare l’ultimo saluto all’amico, al compaesano Mario Piu, morto di una morte orrenda per mano di una o più menti demoniache o criminali.
Per accompagnarlo all’ultima dimora si sono riversate in chiesa, riempendola all’inverosimile, oppure attendendo la fine della cerimonia funebre sul sagrato del tempio e nella piazza adiacente, formando decine di capannelli in cui non si parlava d’altro che di ciò che era successo; ed ognuno raccontava la sua, perché tutti, più o meno, erano stati toccati da questa calamità naturale che è il fuoco, e dei danni arrecati al bestiame, ai pascoli, alle vigne e a i frutteti, tutti ridotti in cenere in un paesaggio spettrale. Sul sagrato anche i giornalisti con gli operatori delle tv locali e nazionali per raccontare di quell’inferno che tormentava l’Isola.
Era previsto l’arrivo del nostro vescovo Giacomo Lanzetti e del Presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, reduce dall’altro funerale a Mores, quello di Antioco Serra, morto anche lui a causa del fuoco perché il suo cuore malato non ha saputo reggere alla disperazione di vedere il suo vigneto andare in cenere.
Arriva il feretro e con esso entrano in chiesa i familiari, il Sindaco, alcuni amministratori locali, i vigili urbani, le autorità militari e civili, tra i quali il Presidente della Provincia di Sassari Alessandra Giudici ed il Presidente Cappellacci. Sono presenti anche alcuni sindaci dei paesi limitrofi, con le loro fasce tricolori, venuti anch’essi per esprimere il cordoglio delle popolazioni che essi rappresentano. La folla numerosa raccolta in chiesa dentro e fuori i banchi è muta e silenziosa. I volti tirati dai quali traspare la rabbia e la commozione; gli occhi lucidi di tanti ed il pianto dei familiari.
All’inizio della cerimonia funebre ecco salire sull’altare il nostro Sindaco Tonino Pischedda per esprimere ai familiari di Mario Più il cordoglio suo personale, dell’Amministrazione comunale e di tutta la popolazione che essa rappresenta. Subito dopo c’è stato l’intervento del Presidente Cappellacci che dopo aver espresso il proprio cordoglio ai familiari del defunto ha speso due parole nei confronti degli incendiari, di come, ai giorni nostri, siano capaci ancora di compiere atti così criminali. Ha proseguito, poi, promettendo il massimo impegno suo personale e della giunta regionale per alleviare le sofferenze delle comunità frustrate dagli incendi.
Monsignor Lanzetti, nella sua omelia, si rivolge alla folla attonita soffermandosi ed evidenziando le tante note di speranza che la liturgia della parola ha offerto.
Nella prima lettura san Paolo esorta la comunità di Corinto ad avere spirito di fede e confidare nella potenza straordinaria di Dio. «Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti ma non disperati; perseguitati ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi»; «noi che siamo vivi veniamo esposti alla morte», che in realtà non è morte, ma vita, la vera vita eterna. E’ l’invito a non abbatterci di fronte a calamità gravi come questa che stiamo vivendo e che ci colpiscono duramente; ed a mantenere sempre salda la fede nel Dio misericordioso.
Dice il salmo: «Chi semina nel pianto raccoglie nella gioia». Noi oggi piangiamo la morte del nostro fratello Mario, ma animati dallo spirito di fede dobbiamo gioire, perché egli non è morto, ma è più vivo di noi in paradiso.
Nel vangelo, invece, Gesù ci ha raccontato la parabola del buon pastore, per rassicurarci che egli è un pastore buono che ama tutte le sue pecore, che le cura e custodisce entro un sicuro ovile. Le protegge e le difende, le salva a costo di dare la propria vita: e Gesù l’ha data ai suoi crocefissori. Egli non è stato come il pastore cattivo, il mercenario, pagato dal proprio padrone e che all’arrivo dei ladroni o del lupo scappa lasciando che le pecore vengano uccise, rapite o disperse, perché a lui importa solo la propria incolumità e non quella del gregge che non gli appartiene. Ecco il paragone: Mario Piu si è comportato come il buon pastore; non ha esitato a lanciarsi in mezzo alla fiamme per salvare le sue pecore, perché per lui rappresentavano la vita, il futuro, il suo sostentamento. Ma in quella lotta impari è stato sopraffatto, ed il fuoco ha continuato la sua folle corsa lasciando a terra il suo corpo senza vita e le carcasse annerite delle pecore.
Alla fine della Messa, dopo la benedizione del feretro, lo stesso ha iniziato il suo ultimo viaggio verso il camposanto, circondato dalle bandiere religiose listate a lutto. Un lunghissimo corteo si è snodato silenzioso e commosso per le strade del paese, che si era fermato abbassando le saracinesche dei negozi per volere dell’Amministrazione comunale che aveva proclamato il lutto cittadino. Il corteo procedeva lentamente e, ironia della sorte, sopra le nostre teste sentivamo, una, due volte, rombare i motori dei canadair che si prodigavano nello spegnere l’ennesimo incendio nelle campagne di Bonorva, quegli stessi canadair reclamati ed attesi invano per ben due giorni, mentre il fuoco inesorabilmente bruciava, divorava e uccideva, uomini ed animali. E si sentiva la gente che mormorava e c’era anche chi imprecava con rabbia.
Nino Meloni
Le parole del Sindaco alla cerimonia funebre
Eccellenza reverendissima, signor presidente della regione, signori assessori regionali, signor presidente della provincia, signori sindaci e amministratori comunali, autorità, signore e signori: vi ringrazio per la vostra presenza e la partecipazione al dolore dei familiari e di tutta la nostra comunità che piange la tragica morte di un suo figlio, morto col suo gregge e per il suo gregge.
Mario si è immolato per salvaguardare il lavoro di una vita, sprezzante del pericolo, un esempio per tutti noi di uomo coraggioso e generoso. Lo abbiamo perso insieme a quello che era uno dei territori più fertili della Sardegna e che ha fatto diventare Pozzomaggiore uno dei centri più importanti del Mejlogu.
Ti chiedo scusa Mario, a nome di tutti i pozzomaggioresi che rappresento, di tutti gli uomini onesti, per il male che ti è stato fatto.
Al di là del dolore e la rabbia, ti promettiamo al cospetto del tuo letto di morte, che proveremo ad andare avanti, che ci impegneremo senza soluzione di continuità, per dare sicurezza a noi stessi, alle popolazioni in rincorsa, certezze ai nostri figli.
Saremo un pozzo grande, così ha chiamato erroneamente il nostro comune il cronista del tg stamattina, saremo un pozzo grande dicevo dove riverseremo l’orgoglio di tutto un paese, la rabbia, il sudore, la solidarietà, la pace e tutto ciò che è seguito da un segno piu, per rinascere, per realizzare certezze prosperità e benessere.
La giunta comunale ha deliberato il lutto cittadino per oggi e richiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale che ci consentirà di superare le normali procedure e ottenere gli aiuti della Regione che ne sono certo, e per questo ringrazio il Presidente e tutti coloro che si adopereranno in questo senso, non ci lascerà soli.
Mi piace ringraziare pubblicamente, e lo farò presto in consiglio comunale, i componenti della compagnia barracellare, grandi e spesso dimenticati lottatori contro il fuoco se pur privi di mezzi idonei; hanno lavorato incessantemente per ore, senza il supporto logistico di aerei ed elicotteri; ringrazio anche i carabinieri, i vigili urbani, i servizi tecnici del comune, il corpo forestale o anche chi ha portato solo un po’ d’acqua.
Ciao Mario, non ti dimenticheremo. Pregheremo tutti insieme per te come siamo sicuri farai tu dal cielo per noi.
Povera amata Sardegna!
Il 23 e 24 luglio 2009 rimarranno a lungo nella mente dei Pozzomaggioresi e della Sardegna tutta. Sono state infatti veramente giornate da inferno e da incubo. In 36 ore si sono visti andare in fumo 15.000 ettari di territorio, malgrado l’impegno di dieci canadair, compresi quelli inviati dalla Commissione europea. Una ferita “dolorosa e profonda” che “segna profondamente anche quella dignità e orgoglio che sono nel dna dei sardi”, come ha commentato il presidente della Regione Ugo Cappellacci.
Sardegna in fiamme: colline nere, silos bruciati, bestiame carbonizzato, aziende annientate, vigneti polverizzati, con fiamme che si rincorrevano sospinte dal vento senza alcun ostacolo. Davanti a un simile scenario ci siamo sentiti veramente impotenti, e ci siamo limitati solamente a guardare con la speranza più o meno inespressa che al più presto il tutto finisse risparmiando almeno in parte il territorio invaso dalle fiamme.
I colpevoli? Difficile poter individuare. Senz’altro i colpevoli ci sono: persone senza cuore e senza scrupoli; persone superficiali e poco attente; ma forse anche persone che con grande leggerezza trascurano terreni che poi si trovano con grande facilità alla mercé del fuoco.
Per questo Cappellacci, che tra l’altro è intervenuto tempestivamente venendo di persona sui luoghi devastati, chiede ai sardi di essere le “prime sentinelle civiche” segnalando subito ogni focolaio e sottolinea che “serve una presa di coscienza collettiva”.
L’uomo è sempre artefice del proprio destino: la sua opera è indispensabile; la sua attenzione è fondamentale; la sua sorveglianza può prevenire tanti danni e tante tragedie. All’uomo Dio ha consegnato il creato per migliorarlo e conservarlo, non per distruggerlo. Quale responsabilità!
P. Quintino